iLovePalestine.com Donatello LaNinfa: -- Il Principio di Heisenberg (Parte VIII) --

12 feb 2009

-- Il Principio di Heisenberg (Parte VIII) --

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V.M. mi disse di essere nata fuori Roma e di essersi trasferiti qui da poco, che prima era iscritta ad un’altra Facoltà, in un’altra città. Mi raccontò di suo padre e del suo male, del disprezzo per i dottori che aveva alimentato il suo desiderio di essere chirurgo. Mi parlò delle sue sigarette e della sorella che non ha. E mi fatto vedere dove vive e mi ha parlato dei suoi coinquilini che dormono sempre (e mi ha detto che lei deve fare piano quando è in casa per non svegliarsi). Mi ha detto che canta quando fa le pulizie. Mi ha raccontato dei suoi studi di pianoforte e del suo mancato esame di solfeggio, e altro, molto altro.
Tutto quello che due persone si direbbero in due anni.

CAPITOLO III

Ci salutammo sotto il portone di casa sua. L’avevo accompagnata con lo scooter, e durante tutto il tragitto l’avevo guardata dallo specchietto retrovisore; quanto avrei voluto che fosse la mia Sanechka.
Ci vedemmo qualche giorno più tardi. V.M. tornò per ritirare la documentazione per partecipare al Concorso Erasmus.
Si sedette davanti la mia scrivania con quel suo sorriso devastante (riuscirò mai ad abituarmici?): - “Ma tu mi aiuteresti a partire?” -
- “Uhmmmm…” -
- “Potresti?” -
- “Uhmmmm…Andiamo” -
- “Dove?” -
- “A mangiare; ti porto in una trattoria tipica di Roma, conosco il proprietario e non ci farà pagare… anche perché non c’ho una lira…” - dissi, sospingendola -
- “...ma no…non posso, devo andare a casa a studiare… assolutamente… no, no… ma poi tu non devi lavorare fino all’una?…” -
- “Facciamo che devi corrompermi per farti aiutare per l’Erasmus” -

Dieci minuti dopo eravamo su Corso Italia.
Si era fatta convincere e, come Sanechka, diventava ancor più bella quando decideva di fare qualcosa di sbagliato.
Il sole aveva deciso di risparmiarci per oggi, tanta luce e poco caldo. Ero soddisfatto: sapevo che avremmo mangiato ottimamente, poi l’avrei riaccompagnata a casa in tempo per studiare.
E avremmo potuto parlare di nuovo.

Invece no. La trattoria di Bruno era chiusa (Bruno sappi che ti odio)

- “Mi spiace” -
- “Dai, non potevi sapere…entriamo qui?” -
Entrammo in un bar e mangiammo un gelato. Poi mezza passeggiata: “Ti va?” chiese
Qualunque cosa; ovunque, se guidato da questa voce, da questo viso.

Dopo una mezz’ora tornammo al Policlinico e ci fermammo a chiacchierare nello stesso bar dove sedemmo la prima volta. Decisi di raccontarle di Sanechka e di quell’incredibile somiglianza.

(Continua)

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