iLovePalestine.com Donatello LaNinfa: -- Il Principio di Heisenberg (Parte VII) --

31 gen 2009

-- Il Principio di Heisenberg (Parte VII) --

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Erano passati due anni. Ed ora, lei, era là.
- “Posso?” - domandò -
- “Devi” - risposi (“ma sei tu? cazzo, sei proprio tu?” pensavo così forte da sentire i miei pensieri nelle orecchie)

Andammo a prendere un gelato al bar, giusto fuori il perimetro del Policlinico. Erano le 15 e faceva ancora un caldo boia. Ci sedemmo ai tavoli esterni, sotto un ombrellone.

La ragazza che mi stava davanti si era presentata come V.M., aveva 24 anni. Studiava medicina ed era venuta nell’ufficio dove lavoravo per avere informazioni sul bando Erasmus.
La guardavo parlare e mi sembrava di essere tornato nella veranda dell’albergo. Mentre seguivo le sue labbra, il sole sembrò diventare più grande e caldo, il gelato divenne una coppa di macedonia e il passar lontano delle auto mutò nello sciabordio delle onde, dietro di noi.
Da dentro al bar il via vai delle persone portava ventate di musica. In quel momento la radio suonava un brano di “Gerard De Palmas” (mai sentito prima, qui in Italia)
Tu me manque tellement, j’aurais jamais cru autant, j’arrive à me demander: M’aurait-tu ensorcelé?
Non so che diavolo mi prese, ma all'improvviso, mentre parlava, le chiesi: “Non sei Sanechka, vero?”
Era identica. Non solo le assomigliava nel viso perfettamente ovale, ma nei gesti così leggeri e precisi, nel suo inclinare un poco la testa mentre parlava, nel colore della pelle, trasparente come la sua voce.
Già, la voce, quella era la voce della mia Sanechka, quella voce che mi aveva coccolato a letto in quelle notti fresche, nel mezzo delle pianure venezuelane. Non fosse stato che la persona davanti a me parlava un perfetto italiano, privo di ogni accento… nessun accento, né un’inflessione dialettale.
Un attimo prima che lei mi rispondesse, capì di essere fottuto… “chi è Sanechka?”
Stava sorridendo.
Passammo ancora due ore al bar, con la sua piccola imperfezione che rendeva il suo sorriso così bello.
Non parlammo di A.F, ne’ del Venezuela. E ascoltai molto più di quanto raccontai. Mentre l’ascoltavo, continuavo a domandarmi quale potesse essere la probabilità di conoscere due persone così simili l’una all’altra, due esseri apparentemente unici ma doppi, che presentano gli stessi pregi e le stesse imperfezioni, a distanza di due anni e in due posti così lontani.

Le macchine continuavano a passare veloci e silenziose lungo Via Morgagni, il sole si era ormai appoggiato sulla terrazza dell’Istituto di Oftalmologia del Policlinico. Nel bar continuavano ad entrare studenti, medici e infermieri assetati, e continuavano ad uscire studenti, medici, infermieri rinfrescati. E pezzi di musica francese
si tu veux me voir par terre, tomber en genoux, mordre la poussiere, si tu veux ma peux pas de problem, je t’aime... ma vie n’est plus un problem, je t’aime

(Continua)

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