iLovePalestine.com Donatello LaNinfa: -- Il Principio di Heisenberg (parte VI) --

22 gen 2009

-- Il Principio di Heisenberg (parte VI) --

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CAPITOLO II

Vidi Sanechka per l’ultima volta al gate n° 12 per i voli internazionali dell’aeroporto di Caracas.
Erano le 10.20; io avrei lasciato il Venezuela cinque ore più tardi.

Tornati a casa, lei si mise (persino!) a studiare l’italiano. Ed io il russo (già, dimenticavo di dire: lei studiava in Lettonia, ma era Russa). Nei mesi successivi, ci furono delle mail, degli sm, qualche volte delle rapide e frustanti telefonate.
All’inizio ci promettevamo di incontrarci il prima possibile, poi si diceva “vediamoci”, poi è subentrato il “soon or later”. e poi abbiamo cominciato a scordare di darci un appuntamento.
Le ultime mail che ho ricevuto erano scritte in un italiano comprensibile (diciamo tra Biscardi e mia cugina di Bari)… ed io, si sappia, ho imparato ben 98 vocaboli in russo, contati uno ad uno, parolacce escluse.
Poi, più nulla, un giorno non ha più risposto alle mail, o agli sms, e il telefono non ha più squillato. Tramite amici di amici di amici (a partire da uno studente russo conosciuto in Venezuela) scoprii che A. non studiava più alla “K….”, ne’ lavorava più al Dipartimento di Pediatria dell’Ospedale di Riga. Non potevo pretendere informazioni più precise. Avrei potuto cercare nell’albo dei medici, o tra gli studenti laureati quell’anno alla “K….”, avrei potuto, con l’aiuto di Internet e di Natalia (la mia pazientissima amica che cercava di insegnarmi il russo) tentare di trovare una traccia, un indirizzo, qualcosa… ma non feci nulla. Era semplicemente andata via, e non aveva voluto dirmi dove fosse diretta.
Così banalmente finisce la mia relazione con A.F., detta Sanechka, donna bellissima dal viso di zucchero.

La mia vita non fu, ovviamente, sconvolta da questo.
Continuavo ad essere un pretender-studente di medicina, sempre prossimo alla laurea e totalmente privo di ambizioni.
Continuavo a lavorare come borsista alla Biblioteca di ORL, continuavo a fingere di studiare, continuavo a non accettare i voti, continuavo a non capire le domande dei Professori, continuavo a non domandarmi “che cazzo vuoi fare dei restanti giorni della tua misera vita?”. Insomma continuavo a fare la vita media dello studente medio.
Poi un giorno accadde qualcosa di decisamente imprevisto: ero in Presidenza (dove lavoravo part-time) e stavo ricevendo gli studenti Erasmus per preparare le loro domande d’iscrizione. Era un giorno apparentemente come i precedenti: i soliti amministrativi che chiacchierano delle solite cose, bevendo il solito caffè che, come al solito, è cattivo. Ed io lì in mezzo, seduto a fare un lavoro per il quale ci vorrebbe un laureato in lingue moderne assunto a tempo pieno, e che invece la Venerabile Università di Roma “Sapienza” ha deciso di affidare ad un pirla di studente (il sottoscritto) che parla quattro lingue (almeno stando al Curriculum che ha presentato per farsi assumere), ma le parla tutte decisamente male.
Ero stoicamente sopravvissuto alla spiegazione telefonica, ad una studentessa di Sevilla, sul perché la "Sapienza" non fornisce ne’ l’alloggio, ne’ la garanzia che gli stage le siano riconosciuti, ne’ -omissis- (le cose che la "Sapienza" non garantisce sono moltissime), quando, mentre con una mano agganciavo la cornetta e con l’altra mi asciugavo l’abbondante sudore, vedo comparire, incorniciata dalla soglia, la dama dell’ermellino.
A.F. “Sanechka”, la donna dalla voce di miele, era entrata in ufficio, e mi guardava.

Erano passati due anni. Ed ora, lei, era là.

(Continua)

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